I BAMBINI DI HAITI “NATI PER VOLARE”

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«Morire ad Haiti per la violenza delle bande, o morire in mezzo al mare, divorato da uno squalo fa così tanta differenza?». È questo il dubbio che assale ormai da più di un anno il popolo dell’isola caraibica. Gli occhi del mondo sono puntati altrove, ma l’emergenza umanitaria ad Haiti continua inesorabile nella sua crudele realtà. I riflettori sono altrove. Su guerre più “importanti” economicamente e politicamente, ma l’insensatezza e la ferocia di altri scontri non possono e non devono oscurare il dolore di milioni di poveri che, sparsi nelle periferie del Sud del mondo, continuano la loro quotidiana lotta per la vita. Così, oltre al cimitero e all’inferno sulla terra ferma, adesso anche il mare dei Caraibi diventa una tomba insanguinata. In un atroce e triste parallelismo con il Mediterraneo, centinaia di barconi di ventura, colmi di disperati, vengono inghiottiti dalle onde e scompaiono per sempre.

La nostra referente sull’isola, Suor Marcella Catozza ha lanciato più volte appelli disperati per una popolazione intera, ma anche e soprattutto per i nostri amati bambini della Casa Famiglia Kay Pè Giuss. Vere e proprie grida angosciate di chi per mesi, giorni, attimi interminabili ha respirato paura e terrore senza fine, mentre interi quartieri sono stati presi d’assalto con armi e violenza inaudita. Dove persino gli ospedali sono stati saccheggiati e la violenza sessuale e lo stupro sono stati utilizzati come arma. Dove ogni giorno gli occhi delle madri vedevano i gruppi armati strappare via i propri bambini, o quelli dei padri vedevano strappate da sotto il naso le proprie bambine per farne schiave del sesso.

Ma adesso, finalmente, qualcosa sembra essere cambiato. Le lettere di Suor Marcella, che fino a oggi facevano trasparire dolore e paura, hanno cambiato tono. Finalmente si respira un’aria di speranza. Il motivo? Ad Haiti è arrivato il primo dispiegamento di forze di polizia internazionali. Un contingente ONU del Kenya che ha riportato speranza, anche se ancora le violenze non si sono placate e gli scontri sono lontani dall’essere risolti. Ma incredibilmente: «Parlando con bambini ed educatori colpisce la certezza che hanno che prima o poi tutto cambierà in meglio e questo li rende più sereni, pur dentro situazioni orribili, situazioni che sembrerebbero dire invece il contrario – scrive Suor Marcella -. E allora si pensa alla speranza, cos’è la speranza? Quando si può sperare senza essere folli? La speranza è proprio la possibilità di vivere certi del Destino buono, senza dubbi, senza calcoli, senza pretese, ma solo abbandonati al compimento. Ecco io in questi vent’anni in Haiti ho cercato di imparare l’abbandono al compimento, un abbandono fatto nella pace del cuore e non sempre in discesa, ma, piano piano, giorno dopo giorno, diminuisce la distanza tra me e il compimento di me. E allora anche ad Haiti si può fare festa e i nostri bambini non si tirano certo indietro! Perché l’anno scolastico, pieno di insidie e traumi, è finito. E per i nostri 350 bambini è il momento delle vacanze! Gli scontri non sono finiti qui ad Haiti, ma una nuova aria di speranza si respira sull’isola. Adesso inizierà il nostro campo estivo intitolato: “PETER PAN: NATI PER VOLARE”. Perché questi bambini voleranno e noi ci stiamo preparando per questo!»

 

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